L'attenzione cala dopo tre quarti
d'ora.
Quantità?
Sì, ma anche qualità: gli interventi
fin troppo esaustivi prosciugano quel residuo di “mistero” che
tiene in vita la curiosità degli ascoltatori.
Non si tratta di restare sul generico
od omettere dati cruciali, ma di giocare l'esposizione su argomenti
che possano essere completati e arricchiti dopo l'intervento
frontale.
Non è l'altro che l'effetto Zeigarnik,
dal nome della studiosa che lo ha teorizzato: gli individui sono più
inclini a memorizzare ricordi o obiettivi incompiuti, perché lo
stimolo a chiudere la partita continua a ricarburare l'attenzione.
Per capirsi: è la molla che tiene
incollati a una serie Tv o ci fa rituffare tra le pagine di un
romanzo appena è possibile
Come
la dopamina stimola la ricerca di sensazioni piacevoli, così la
capacità di creare desideri espliciti (come promozioni) o impliciti
(nuove opportunità) tiene alto il grado di attenzione di chi siede
dall'altro lato del tavolo. «Come professionista, il tuo obiettivo
dovrebbe essere quello di identificare gli incentivi che attraggono
di più i tuoi interlocutori, colleghi e superiori e che li rendono
più viscerali.
I
riconoscimenti che possiamo toccare, le esperienze o anche solo la
visione dei “premi” ha un grande impatto sulla nostra attenzione»
Infine
la terza strategia consiste nel vecchio principio di autorità: se
diamo fiducia a fonti attendibili, meglio qualificarsi da subito come
tali.
Se
fronteggiate colleghi che conoscete meno, il trucco è dare risalto a
competenze solide su un argomento, lasciar intendere dove e come si
sono formate, citare fonti di pari grado per contestualizzare
l'expertise. Non sarà facile raggiungere il grado di passività del
pubblico Usa con alcuni esperti - uno studio del 2009 ha rilevato la
tendenza di alcuni a “spegnere” l'attività celebrale e sorbire
le analisi come dati di fatto - ma salverà quello che dite dal
rischio di un intervento anonimo.
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